Il greco e il latino sarebbero lingue morte? Uno studio fatto su circa 5000 parole del dialetto siciliano ha dimostrato che il 50% si esse deriva dal latino, il 15% dal greco e solo il 6 per cento dall’arabo o dal francese.

Lingue morte a chi? Ecco le parole greche e latine nel dialetto siciliano

Chiunque abbia dato al latino e al greco gli appellativi di “lingue morte” deve di certo scusarsi. Quello del latino e del greco è stato più un lento trasformarsi, piuttosto che un estinguersi. Sarà pur vero che queste lingue non sono più parlate ma il loro eco riecheggia in molte lingue da loro derivate. È ciò che avviene per il dialetto siciliano.

Molti pensano che le lingue antiche abbiano dato solo origine al Greco moderno o alle lingue romanze o neolatine. Invece annoveriamo tra le loro discendenti anche il siciliano.

Uno studio ha evidenziato che, su un campione di 5000 parole siciliane, il 50% di esse deriva dal latino e il 15% dal greco.

Dialetto siciliano: le derivazioni dal latino… 

Il latino si parlò in Sicilia per molti secoli, sebbene con indubbie variazioni temporali o geografiche. Si presume certo che il latino si sia innestato su un sostrato linguistico già esistente.

Le tracce evidenti di latinismi nel siciliano moderno non sono molte perché parole e locuzioni latine si fusero con l’Italiano.

Dopo la prima guerra punica, i romani occuparono la Sicilia e vi rimasero per più di 600 anni (dall’anno 254 avanti Cristo fino al 410 dopo Cristo).

Inizialmente il latino, non ebbe vita facile in Sicilia, perché al latino si preferiva il greco, ritenuto più dotto.

Tra le parole siciliane derivanti direttamente dal latino ricordiamo:

  • Sartània (padella), da sartaginem
  • Anciu (largo), da amplum
  • U trìspitu (cavalletto) dal latino trespes (tre piedi)
  • Tràsiri dal latino transire (andare oltre)
  • Filìnia (ragnatela) dal latino fuligo (fuliggine)
  • Muscaloru (un ventaglio scacciamosche tradizionale) viene da muscarium, con lo stesso significato
  • Bifara (una specie di fico) da bifer
  • Grasciu (grasso, sporco) da grassus

Anche espressioni più specifiche e locali possono derivare dalla lingua latina. È il caso di Stigghiola, un piatto tipico palermitano, che ha come ingrediente base le budella di agnello. Questo nome viene da extiliola, diminutivo di exta, che in latino significa proprio interiora.

Ci sono espressioni, frasi latine, che si riscontrano anche nell’italiano, così come ci sono casi in cui, invece, il latino si è conservato in espressioni siciliane e non italiane. Ricordiamo locuzioni come oggiallannu, traducibile come l’anno scorso, derivato dal latino hodie est annus, o antura (poco fa), derivato da ante horam.

Inoltre dal latino il siciliano ha conservato il dittongo au, che si trova in parole come tauru, cauru, addauru (alloro).

…e le derivazioni dal greco

La lingua greca è stata assorbita dall’italiano in maniera meno automatica di quella latina, per questo c’è stata una maggiore resistenza nei suoi confronti. I greci vissero in Sicilia in due momenti di gloria: prima dei romani, nel periodo dell’Ellenizzazione, con le colonie della Magna Grecia, e alcuni secoli dopo, all’inizio del VI secolo, con i Bizantini, quando arrivarono a conquistare tutta l’isola.

Non è chiaro quando i siciliani iniziarono ad usare le parole greche. È anche possibile che le parole siciliane siano arrivate in Sicilia attraverso gli stessi romani, la cui lingua aveva a sua volta preso in prestito molte parole dal greco.

Molte sono tuttora le espressioni di origine greca che vengono ancora usate, spesso inconsciamente, nella nostra parlata, come ad esempio:

  • Mommo (guardone, qualcuno che guarda fin troppo), da ommai di orao (guardare)
  • Cirasa (ciliegia), da kerasos
  • Babbiari (parlare troppo), da babazein (un raddoppiamento poetico di <em>Bazo</em>) ossia ciarlare
  • Casèntaru (lombrico), da ges enteron
  • ‘Ntamatu (sbalordito), da thauma
  • Pistiare (mangiare), da estiao (banchettare)
  • Annaccare (cullare, dondolarsi) da Nachè, ossia culla (comune anche nel dialetto calabro e della Basilicata)
  • Allippatu (unto d’olio, sporco) da lipos
  • Cuddara (forma di pane) da kollira

Anche qui possiamo risalire a delle espressioni greche tramutate in qualche modo nel dialetto siciliano. È il caso di fare come una taddarita significa fare molta confusione, proprio come il pipistrello in una grotta; questa espressione viene da nikteris (pipistrello).

Inoltre derivano dal greco molti nomi di città come Trapani (porto a forma di falce), da drepano, o Palermo (porto sicuro, eterno) da pan ormos.

Infine, è di origine greca il suffisso -otu che viene aggiunto al nome di borghi o città per creare sostantivi come lipariotu, partinicotu

Insomma, altro che lingue morte!