Romanzo storico e popolare, I Beati Paoli di Luigi Natoli venne pubblicato per la prima volta in ben 239 puntate dal 1909 al 1910 come romanzo d’appendice allegato al Giornale di Sicilia e poi in volume nel 1921. Si tratta insomma di un classico feuilleton. Di quelli che grazie alla costruzione sapiente dell’intreccio tengono il lettore incollato alla pagina, inchiodato al libro e catturano la sua attenzione capitolo dopo capitolo.

Buoni e cattivi a tutto tondo, senza tante complicazioni o sfumature psicologiche. Tanti i personaggi principali: il giovane, bello e coraggioso Blasco da Castiglione (povero, ma al quale un monaco rivela di essere figlio del ricchissimo aristocratico Duca della Motta), Coriolano della Floresta, misterioso ed enigmatico cavaliere cui sono aperti i salotti più esclusivi della nobiltà ma che si aggira anche, perfettamente a proprio agio, nei meandri più sordidi dell’ “altra” Palermo, quella dei vicoli e dei sotterranei; Donna Gabriella — bellissima dama che il fuoco della passione e della gelosia spinge ad azioni temerarie, la giovinetta Violante, il perfido Don Raimondo Albamonte, fratello del Duca della Motta, che brama di potere e di denaro spingono alle azioni più abominevoli e vergognose, lo sbirro Matteo Lo Vecchio rotto ad ogni infamità e corruzione.

Tutti si muovono, odiano, amano, tramano vendette e sognano amori impossibili in una Palermo settecentesca delineata con grande vigore ed efficacia evocativa sostenuta da una robusta documentazione storica.

Attorno a loro, tutta una folla di comparse e comprimari: artigiani e sgherri dell’Inquisizione, avvelenatrici e tavernieri, cicisbei e servi ma anche importanti personaggi storici realmente esistiti come i Vicere spagnoli, re e funzionari sabaudi o artisti del tempo come il grande Giacomo Serpotta.

La vera protagonista del romanzo (le cui vicende si svolgono nell’arco temporale che va dal 1698 al 1719) è però la setta dei Beati Paoli, misterioso e leggendario gruppo che operò a Palermo tra il XV ed il XVI secolo in una Sicilia divisa tra le diverse dominazioni ed in cui l’arroganza e la prepotenza di alcuni settori nobili e ricchi nei confronti del popolo rappresentava una costante di ingiustizia sociale e civile.

Natoli prese spunto dalle citazioni fatte sulla temutissima setta, ed a loro volta basate sulla tradizione orale, dal Marchese di Villabianca nel tomo XIV dei suoi Opuscoli Palermitani del 1790.

Si narra che la setta operasse in assoluta segretezza, al fine di proteggere la parte più debole ed oppressa della società palermitana.

 

“La nostra (giustizia) non è scritta in nessuna costituzione regia, ma è scolpita nei nostri cuori: noi la osserviamo e costringiamo gli altri ad osservarla”, per “garantire il più debole contro il più forte e per imporla non abbiamo che un’arma: il terrore, e un mezzo per servircene: il mistero”.

 

In questo contesto i Beati Paoli si riuniscono mascherati ed indossando cappucci neri nei cunicoli segreti della Palermo sotterranea.

 

“…or qui adunavansi questi sectarij e vi tenevano le loro congreghe in luoghi oscuri e dopo il tocco della mezzanotte vi capitavano onde e tutte facevansi a lume di candela” scrive il Villabianca.

 

I componenti della setta, che nel romanzo si propone di equilibrare le disparità ed applicare una giustizia intransigente, non si conoscono tra loro ed il loro capo è conosciuto soltanto da due persone. Tutti i componenti sono tenuti alla fedeltà assoluta alla causa. I Beati Paoli costituiscono una realtà talmente ramificata e capillare che sono in grado di intervenire e di colpire in qualsiasi momento ed in qualsiasi luogo, anche nelle celle più sorvegliate delle segrete dell’Inquisizione o nelle stanze più private delle case aristocratiche.

 

La calcarenite, che si presta molto bene ad essere cavata, insieme alla sorgente d’acqua sono i due elementi essenziali per poter ricavare una camera dello scirocco: queste cavità artificiali ebbero diffusione nel quindicesimo secolo in quanto i signorotti, accertata la presenza nel sottosuolo di una falda acquifera, si affrettavano a ricavare una grotta artificiale a forma circolare o quadrata dalla volta a botte, al cui centro utilizzavano il foro praticato per sondare la falda, riutilizzandolo per la ventilazione e per la poca luce che potesse penetrare dall’esterno.

Successivamente veniva dotata di sedili di pietra modellati nella stessa calcarenite, su cui i signorotti passano la giornata al refrigerio ottenuto grazie alla presenza dell’acqua sorgiva.
La leggenda narra che il ritrovamento di una “Camera dello Scirocco”, vuole essere quella utilizzata dalla leggendaria setta dei Beati Paoli, ha entusiasmato migliaia di lettori tanto che ogni qualvolta a Palermo si scopre una cavità sotterranea tutti ricorrono mentalmente alla famosa setta d’incappucciati.
Il misterioso antro, pur essendone nota l’esistenza, fino a qualche tempo fa era di difficile accesso poiché da tempo ne erano stati murati gli ingressi e un cumulo di rovine aveva cancellato la topografia del luogo.
La zona interessata è il quartiere Capo, intricato da ampie cavità sotterranee che fanno parte di un vasto complesso cimiteriale cristiano. Il luogo dove si riuniva la fratellanza dei Beati Paoli si trova nei pressi della chiesa di Santa Maruzza e il vicolo degli orfani.